Ruolo direttivo ad esaurimento, decorrenza giuridica: Tar Abruzzo invia a Corte Costituzionale

costituzione italiana x

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Pubblicato il 13/02/2019

N. 00099/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00174/2018 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Abruzzo

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA NON DEFINITIVA

sul ricorso numero di registro generale 174 del 2018, proposto da 
Pieremidio Bianchi, Danilo Ciucci, Luigi Di Massimo, Daniela Palmieri, Danila Razzano, Attilio Santella, Domenico Stagno, rappresentati e difesi dall’avvocato Pietro Celli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio, in Firenze, via Masaccio, n. 219; 

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, sua domiciliataria ex lege in L’Aquila, via Buccio da Ranallo; 

per l’accertamento

– del diritto dei ricorrenti ad essere inquadrati nel ruolo direttivo ad esaurimento della Polizia di Stato di cui all’articolo 2, comma 1, lettera t), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, con decorrenza giuridica dall’anno rispetto al quale ciascuno è stato dichiarato vincitore del concorso indetto con decreto del Capo della Polizia – Direttore Generale della pubblica sicurezza dell’11.10.2017, con conseguente condanna del Ministero dell’interno ad inquadrare correttamente in ruolo ciascun ricorrente;

– previa rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 1, lettera t), punto 1), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, nella parte in cui prevede che i vincitori del concorso sono nominati vice-commissari del ruolo direttivo ad esaurimento con decorrenza (anche) giuridica dalla data di inizio del primo corso di formazione, per violazione dell’articolo 76 Cost. e del principio di ragionevolezza delle leggi.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2018 la dott.ssa Maria Colagrande;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Visto l’art. 36, co. 2, del codice del processo amministrativo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

I ricorrenti appartengono al ruolo direttivo ad esaurimento (di seguito r.d.e.) di cui all’articolo 2, comma 1, lettera t), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, con qualifica di vice-commissario.

A detta qualifica i ricorrenti hanno avuto accesso in quanto vincitori del “concorso interno, per titoli di servizio, a 1500 posti per la nomina alla qualifica di Vice Commissario della Polizia di Stato del ruolo direttivo ad esaurimento” indetto, con decreto del Capo della Polizia – Direttore Generale della pubblica sicurezza dell’11.10.2017, in attuazione dell’articolo 2, comma 1, lettera t), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95.

La disciplina introdotta da detta disposizione, per quanto di rilievo ai fini del decidere,

– dispone che “nell’ambito dei ruoli del personale che espleta funzioni di polizia, in sostituzione del ruolo direttivo speciale e tenuto conto di quanto disposto dall’articolo 1, comma 261, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è istituito il ruolo direttivo ad esaurimento della Polizia di Stato, articolato nelle qualifiche di vice commissario, anche durante la frequenza del corso di formazione, di commissario e di commissario capo, con funzioni analoghe a quelle delle corrispondenti qualifiche della carriera dei funzionari, con una dotazione organica complessiva di 1.800 unità”;

– stabilisce di provvedere alla copertura di 1.500 unità “attraverso un unico concorso, per titoli, [] riservato ai sostituti commissari, in servizio al 1° gennaio 2017, che potevano partecipare, rispettivamente, a ciascuno dei concorsi previsti per le annualità dal 2001 al 2005, di cui all’articolo 25 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334, nel testo vigente il giorno precedente alla data di entrata in vigore del presente decreto, per i seguenti posti: 300 per l’annualità 2001; 300 per l’annualità 2002; 300 per l’annualità 2003; 300 per l’annualità 2004; 300 per l’annualità 2005” (art. 2, comma 1, lett. t, punto 1) e delle restanti 300 unità, “attraverso un concorso, per titoli, […] da bandire entro il 30 marzo 2019, riservato ai sostituti commissari del ruolo degli ispettori che potevano partecipare al concorso di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334, nel testo vigente il giorno precedente alla data di entrata in vigore del presente decreto, in possesso dei requisiti ivi previsti” (art. 2, comma 1, lett. t, punto 2)

– demanda le modalità attuative per l’accesso al ruolo direttivo ad esaurimento a un decreto del capo della polizia-direttore generale della pubblica sicurezza, … anche sulla base di quanto previsto in attuazione degli articoli da 14 a 20 e dall’articolo 25 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334, nel testo vigente il giorno precedente alla data di entrata in vigore del presente decreto […]” (art. 2, comma 1, lett. t), punto 3).

I ricorrenti agiscono dichiaratamente per l’accertamento del diritto ad essere inquadrati nel ruolo direttivo ad esaurimento con la qualifica di vice- commissario con decorrenza dall’anno rispetto al quale ciascuno di loro è stato dichiarato vincitore del concorso bandito per la copertura dei posti disponibili nella qualifica di vice-commissario (di cui 300 posti per l’annualità 2001; 300 per l’annualità 2002, 300 per l’annualità 2003, 300 per l’annualità 2004, 300 per l’annualità 2005) previa rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 1, lettera t), punto 1), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 nella parte in cui dispone la diversa decorrenza giuridica dell’inquadramento dalla data d’inizio del primo corso di formazione, in concreto stabilita alla data del 26 febbraio 2018 con la nota del Ministero dell’Interno – Dipartimento della pubblica sicurezza del 15 febbraio 2018 n. 333-C/9041-2/80.

Sostengono che la mancata costituzione del ruolo direttivo speciale avrebbe precluso loro la possibilità di progredire in carriera per un periodo variabile fra i tredici e i diciassette anni a seconda della disponibilità, negli anni dal 2001 al 2005, dei posti di vice-commissario per la copertura dei quali sono stati banditi con enorme ritardo i concorsi ai quali poi hanno utilmente preso parte.

Né varrebbe obbiettare, secondo la tesi esposta nel ricorso, che l’art. 1, comma 261, della legge n. 266/2005 aveva sospeso l’attuazione dell’art 24 del d.lgs. n. 330/2000, in quanto ciò non avrebbe impedito al Ministero dell’Interno di bandire i concorsi per l’accesso ai posti di vice-commissario relativi alle annualità 2001-2005 con la diversa procedura di prima attuazione del ruolo direttivo speciale, ai sensi dell’art. 25 dello stesso decreto non coinvolto nella predetta sospensione.

Riconoscono che la legge delega n. 124/2015 e il successivo decreto legislativo n. 95/2017 che ha istituito il ruolo direttivo ad esaurimento per l’accesso agli stessi posti distinti per singole annualità, avrebbe, ma solo in parte, soddisfatto la loro aspettativa qualificata di carriera, in quanto la decorrenza giuridica di detto inquadramento, coincidente con l’avvio del corso di formazione, non avrebbe posto alcun rimedio al ritardo serbato dal Ministero nel provvedere alla copertura dei posti di vice-commissario vacanti e disponibili da oltre 15 anni, ritardo dal quale sarebbe derivata la lamentata lesione alle loro aspettative di carriera.

Inoltre il decreto legislativo n. 95/2017, nello stabilire la decorrenza giuridica dell’inquadramento dall’inizio del corso di formazione, non avrebbe dato corretta attuazione all’art. 8 della legge di delega che, proprio in considerazione della lesione subita dai ricorrenti, a causa dell’inerzia serbata dal Ministero nell’adozione degli atti esecutivi conseguenti all’istituzione del ruolo direttivo speciale e della mancata indizione dei concorsi per la copertura dei posti del relativo contingente, aveva demandato al legislatore delegato di provvedere al riordino delle Forze di polizia assicurando il mantenimento della sostanziale equiordinazione del personale delle Forze di polizia e dei connessi trattamenti economici, anche in relazione alle occorrenti disposizioni transitorie, fermi restando le peculiarità ordinamentali e funzionali del personale di ciascuna Forza di polizia, nonché i contenuti e i principi di cui all’articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, e tenuto conto dei criteri di delega della presente legge, in quanto compatibili.

I ricorrenti fanno esplicito e diffuso riferimento alla relazione di accompagnamento del decreto legislativo n. 95/2017 che riconosce la lesione di una loro qualificata aspettativa di carriera preclusa dalla mancata istituzione del ruolo direttivo speciale e ne indica il rimedio dell’istituzione del ruolo direttivo ad esaurimento.

Chiedono pertanto la rimessione degli atti alla Corte costituzionale affinché sia dichiarata l’incostituzionalità dell’art. 2, comma1, lettera t), punto 1 del decreto legislativo n. 95/2017, nella parte in cui stabilisce la decorrenza dell’inquadramento nella qualifica di vice-commissario dall’inizio del corso di formazione e non dalle singole annualità alle quali sono riferite le vacanze in organico che avrebbero dovuto essere coperte con i concorsi previsti dall’art. 25 del decreto legislativo n. 334/2000.

Si è costituito il Ministero dell’Interno che ha sollevato le seguenti eccezioni in rito:

1) incompetenza territoriale del TAR adito in favore del Tar Lazio, venendo in rilievo, secondo il Ministero deducente, una procedura concorsuale su base nazionale o comunque ultraregionale;

2) irricevibilità del ricorso, in quanto il decreto di approvazione della graduatoria finale è stato pubblicato nel Bollettino Ufficiale del personale del Ministero dell’interno in data 8.2.2018, mentre il ricorso è stato notificato il 16.4.2018;

3) inammissibilità del ricorso per omessa notifica ad almeno un controinteressato;

4) inammissibilità del ricorso collettivo perché, non trovandosi i ricorrenti in situazioni del tutto identiche, avendo partecipato a concorsi diversi relativi a distinte annualità dal 2001 al 2005, non si può escludere un potenziale conflitto d’interessi derivante dalla diversa decorrenza dell’inquadramento alla quale ciascuno di loro aspira;

5) inammissibilità per omessa impugnazione del bando di concorso pubblicato con decreto del Capo della Polizia-Direttore generale della pubblica sicurezza in data 11.10.2017, nella parte in cui, con effetto chiaramente lesivo dell’interesse azionato, dispone: ai sensi dell’art. 2, primo comma, lettera t), numero 1) del decreto legislativo 29 maggio 2017. n. 95, i vincitori del concorso sono nominati vice commissari del ruolo direttivo ad esaurimento con decorrenza giuridica ed economica dalla data d’inizio del primo corso di formazione (art. 8, comma 5);

6) inammissibilità del ricorso perché, essendo l’attività d’inquadramento dei pubblici dipendenti espressione di potere pubblicistico con il quale si confrontano posizioni d’interesse legittimo, sarebbe esclusa la proposizione di un’azione di accertamento del diritto all’inquadramento e, correlativamente, sarebbe imposta l’impugnazione nei termini decadenziali dei decreti d’inquadramento, peraltro solo preannunciati con nota n. 333-C/9041-2/80 del 15.2.2018 del Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza;

Le eccezioni sollevate dalla difesa erariale sono infondate.

I. Sull’eccezione di incompetenza territoriale.

L’azione promossa dai ricorrenti è devoluta alla cognizione del giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva poiché attiene alla gestione del loro rapporto d’impiego in regime di diritto pubblico, successiva alla definizione della procedura concorsuale, all’esito della quale essi hanno conseguito la qualifica di vice-commissario.

Sussiste pertanto la competenza del TAR adito ai sensi dell’art. 13, comma 2, c.p.a. nella cui circoscrizione si trova la sede di servizio del dipendente (in specie non è contestato che i ricorrenti prestano servizio in sedi situate nella circoscrizione di questo Tribunale).

Alla stessa conclusione dovrebbe pervenirsi quand’anche il giudizio – che ha dichiaratamente ad oggetto l’accertamento del diritto alla retrodatazione della decorrenza giuridica dell’inquadramento – presupponesse il gravame avverso un atto statale, come si evince dal combinato disposto del comma 2 dell’art. 13 c.p.a., che stabilisce la competenza territoriale del tribunale nella cui circoscrizione si trova la sede di servizio del ricorrente (ove si faccia questione di un rapporto d’impiego in regime di diritto pubblico) e del comma 3 del citato art. 13 (che sancisce la competenza del TAR Lazio per i gravami avverso gli atti statali) il quale esordisce con la locuzione “negli altri casi”, a voler chiaramente significare l’esclusione, dalla regola in esso contenuta, di quanto appena prima stabilito dal secondo comma.

Ne consegue che un atto statale è correttamente (e inderogabilmente) impugnato davanti al tribunale della sede di servizio se afferisce alla gestione di un rapporto di pubblico impiego, mentre negli altri casi, ovvero se il gravame avverso lo stesso atto ha titolo in una situazione giuridica diversa da quella afferente ad un rapporto di impiego pubblico, la controversia resta inderogabilmente attratta alla cognizione del TAR Lazio.

Alla stessa conclusione si perviene a prescindere dall’oggetto del giudizio – accertamento del diritto dei ricorrenti alla retrodatazione della decorrenza giuridica dell’inquadramento, ovvero annullamento di un atto di un’autorità centrale dal quale dipende la diversa decorrenza prevista dal decreto legislativo n. 95/2917 – tenuto conto che la stessa Amministrazione resistente si accinge a compiere distinti atti di gestione dei rapporti d’impiego dei ricorrenti avendo inviato un preavviso (nota del 15 febbraio 2018 n. 333-C/9041-2/80 del Ministero dell’Interno – Dipartimento della pubblica sicurezza) d’inquadramento separatamente a ciascuno di loro, censurato espressamente quale atto applicativo dell’art 2, comma 1, lettera t) del d.lgs. n. 95/2017 (punto n. 2) della parte in fatto e punto II della parte in diritto del ricorso).

La giurisprudenza ha ritenuto che, anche nel caso in cui sia adottato dall’Amministrazione datrice di lavoro un unico atto di gestione di più rapporti d’impiego, esso resta un atto plurimo contenente più decisioni individuali oggettivamente distinte ed autonome, semplicemente esternate uno actu per evidenti ragioni di economicità dell’azione amministrativa (Consiglio di Stato Comm. spec. parere n. 2112/2016) e non ricorrono quindi le condizioni per attrarne la cognizione al TAR Lazio che postulano, al contrario, l’unicità strutturale delle statuizioni in esso contenute (Consiglio di Stato sez. IV, 26.10.2018, n.6109; Consiglio di Stato sez. IV, 28.5.2018, n.3170) .

II. Sull’eccezione d’irricevibilità per omessa impugnazione della graduatoria del concorso al quale i ricorrenti hanno partecipato.

L’eccezione è infondata poiché non risulta che in detto provvedimento siano contenute disposizioni lesive dell’interesse alla diversa decorrenza dell’inquadramento perseguito dai ricorrenti, tant’è che, ove il ricorso avesse ad oggetto l’annullamento di detta graduatoria, dovrebbe rilevarsene in parte qua l’inammissibilità per carenza d’interesse.

III. Sull’eccezione di omessa notifica ad almeno un controinteressato.

Il Ministero deducente non ha allegato in concreto la sussistenza di contrapposti qualificati interessi – diversi da quello di cui esso è portatore – che potrebbero risultare lesi dall’accoglimento del ricorso e non emerge dagli atti di causa che fra i vincitori della stessa selezione per l’accesso al ruolo direttivo ad esaurimento esista alcuna competizione in materia di decorrenza dell’inquadramento, dovendo, al contrario, presumersi che essi siano cointeressati alla retrodatazione dell’inquadramento in quanto condividono l’identica posizione legittimante di vincitori del concorso per l’accesso alla qualifica di vice-commissario, la quale costituisce l’incontestato presupposto del diritto all’inquadramento.

IV. Sull’eccezione d’inammissibilità del ricorso collettivo

L’eccezione è infondata innanzitutto perché il giudizio ha ad oggetto la decorrenza giuridica dell’inquadramento che per ognuno dei ricorrenti ha titolo nel singolo rapporto d’impiego, sicché l’emananda sentenza si articolerà in altrettanti capi decisori fra loro indipendenti, mentre il conflitto d’interessi presuppone che l’oggetto del giudizio sia inscindibile, come nel caso del gravame di un atto amministrativo (o complesso di atti) strutturalmente unitario il quale, se proposto da più soggetti promotori di interessi non identici e con motivi di gravame distinti, potrebbe culminare nel frazionamento, per via giurisdizionale, dell’inscindibile assetto d’interessi conformato dall’atto amministrativo e nella contraddittorietà dello stesso effetto conformativo derivante dalla sentenza, tali essendo gli esiti che l’inammissibilità del ricorso collettivo intende evitare.

Nel caso in caso in decisione i ricorrenti hanno proposto la stessa domanda, lamentando la medesima lesione, per le stesse ragioni di diritto, mentre il Ministero deducente non ha dimostrato che la decorrenza dell’inquadramento, per i posti messi a concorso per contingenti distinti a far data dal 2001 al 2005, sia oggetto di competizione e dunque di un conflitto fra i ricorrenti.

La giurisprudenza è ferma nel ritenere che il ricorso collettivo sottende un conflitto d’interessi ed è inammissibile solo nell’ipotesi in cui l’accoglimento della domanda di una parte dei ricorrenti sarebbe logicamente incompatibile con quella degli altri e al giudice sarebbe preclusa una pronuncia di merito non potendo prescegliere a quale dei ricorrenti accordare tutela (Consiglio di Stato 6 giugno 2017 n. 2700); al contrario il ricorso in esame mira al conseguimento per ciascuno dei ricorrenti – senza che ne risulti precluso l’accoglimento della domanda degli altri – della decorrenza dell’inquadramento corrispondente al posto in organico che incontestatamente ognuno ha ottenuto per concorso; ne consegue che, essendo estranea al thema decidendum ogni questione sulla situazione legittimante (vincitore di uno dei concorsi per l’accesso alla qualifica di vice-commissario) dalla quale dipende la (eventualmente diversa) decorrenza dell’inquadramento, non c’è alcuna possibilità che uno dei ricorrenti ottenga una certa decorrenza dell’inquadramento a discapito.

V. Sull’eccezione d’inammissibilità per omessa impugnazione del bando di concorso

L’eccezione è infondata innanzitutto perché i ricorrenti hanno dedotto – senza che il Ministero vi abbia opposto contestazioni – di aver impugnato il bando in questione con due ricorsi attualmente pendenti davanti al TAR Lazio (r.g. n. 13404/2017 e 13405/2017).

Inoltre, è pur vero che il bando stabilisce la decorrenza dell’inquadramento che i ricorrenti contestano, ma in parte qua esso non fa altro che riprodurre l’art. 2, comma 1, lettera t), punto 1), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95 che prevede la decorrenza giuridica dell’inquadramento dalla data d’inizio del primo corso di formazione.

Il bando di concorso nella parte in cui recepisce pedissequamente una disposizione normativa non ha un contenuto provvedimentale, ma meramente ricognitivo.

Ne consegue che non sussiste l’onere di impugnarlo in parte qua, come dimostra il fatto che, secondo le regole generali il bando in questione, nella parte in cui riproduce una disposizione di legge, non sopravviverebbe alla declaratoria di incostituzionalità di detta disposizione, ma ne sarebbe automaticamente travolto in via derivata.

VI Sull’eccezione d’inammissibilità dell’azione di accertamento

Il Ministero muove dal presupposto che i ricorrenti sarebbero titolari di un interesse legittimo alla diversa decorrenza dell’inquadramento che dovrebbero far valere avverso i preannunciati decreti d’inquadramento.

Occorre invece considerare che non è in discussione l’inquadramento dei ricorrenti – ovvero la loro collocazione nella struttura dell’amministrazione che è espressione di ampia discrezionalità, cui corrisponde pertanto una posizione di interesse legittimo, ma la decorrenza giuridica dell’inquadramento che i ricorrenti assumono essere difforme da quella prevista dalla legge.

Inoltre appare evidente che l’Amministrazione darà esecuzione – come annunciato con la nota n. 333-C/9041-2/80 del 15.2.2018 del Ministero dell’Interno – Dipartimento della pubblica sicurezza, il cui contenuto i ricorrenti contestano ampiamente e tempestivamente – all’inquadramento con decorrenza dall’inizio del corso di formazione, sicché il ricorso ha in parte qua un chiaro contenuto impugnatorio, riconoscibile ai sensi dell’art. 32 c.p.a., di un provvedimento che evidentemente già esiste e produce effetti lesivi, ma deve essere solo comunicato agli interessati.

Nel merito la controversia implica la soluzione di una questione unica di costituzionalità dell’articolo 2, comma 1, lettera t), punto 1), del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, nella parte in cui prevede che i vincitori del concorso sono nominati vice-commissari del ruolo direttivo ad esaurimento con decorrenza (anche) giuridica dalla data di inizio del primo corso di formazione, per violazione dell’articolo 76 Cost. e del principio di ragionevolezza delle leggi.

L’azione promossa dai ricorrenti ha dunque ad oggetto la “rimozione” della disciplina della decorrenza giuridica dell’inquadramento prevista dalla norma sospettata di essere incostituzionale e l’accertamento del loro diritto ad ottenere la decorrenza giuridica dell’inquadramento nel ruolo di vice-commissario dalla data in cui si è verificata la vacanza in organico dei posti dei quali sono risultati vincitori.

Il Collegio ravvisa nella vicenda sottoposta al suo esame un’ipotesi di regolamentazione particolare e concreta e altresì transitoria della situazione giuridica che fa capo ad un numero determinato di persone o quanto meno determinabile a priori, considerato che essa si rivolge agli appartenenti del ruolo degli ispettori della Polizia di Stato che avevano i requisiti per partecipare ai concorsi previsti dall’art. 24 del citato decreto legislativo.

Quindi l’art. 2, comma 1, lettera t), punto 1, del decreto legislativo n. 95/2017, nella parte in cui dispone la decorrenza giuridica dell’inquadramento dei vincitori del concorso per l’accesso alla qualifica di vice-commissario del ruolo direttivo ad esaurimento della Polizia di Stato alla data d’inizio del corso di formazione, ha forma di legge e contenuto provvedimentale.

Tale disposizione è infatti chiaramente destinata ad esaurire i suoi effetti con la gestione dei concorsi per l’accesso alla qualifica di vice-commissario del ruolo ad esaurimento riservato agli appartenenti del ruolo degli ispettori della Polizia di Stato che avevano i requisiti per partecipare ai concorsi previsti dall’art. 24 del citato decreto legislativo.

La Corte Costituzionale ha da tempo affermato che i diritti di difesa del cittadino, in caso di approvazione con legge di un atto amministrativo lesivo dei suoi interessi, non vengono sacrificati, ma si trasferiscono, secondo il regime di controllo proprio del provvedimento normativo mediotempore intervenuto, dalla giurisdizione amministrativa, nelle forme della rimessione dell’incidente di costituzionalità, alla giustizia costituzionale (Corte Cost., 16 febbraio 1993, n. 62) che ne valuterà il rispetto dei limiti entro in quali è consentito alla legge, in assenza di una riserva di amministrazione, di tener luogo del provvedimento amministrativo e fra detti limiti annovera il rispetto del principio di ragionevolezza e di non arbitrarietà (Corte Costituzionale, sentenze 4 maggio 2009 n. 137, 2 aprile 2009 n. 94, 13 luglio 2007 n. 267).

Si è ritenuto infatti che la legittimità costituzionale delle leggi-provvedimento deve essere valutata in relazione al loro specifico contenuto e che, in considerazione del pericolo di disparità di trattamento insito in previsioni di tipo particolare o derogatorio, è soggetta ad uno scrutinio rigoroso di costituzionalità essenzialmente sotto i profili della non arbitrarietà e della non irragionevolezza della scelta del legislatore (Corte Costituzionale 4 maggio 2009, n. 137, e sentenze 241/2008 e 429/2002).

La rilevanza della prospettata questione di costituzionalità coincide quindi con la legittimazione e l’interesse dei ricorrenti al ricorso, la cui sussistenza resiste alle eccezioni del Ministero, in quanto il sindacato del giudice delle leggi sul provvedimento avente veste legislativa non avrà maggior ampiezza di quello che avrebbe condotto il giudice amministrativo ai sensi dell’art. 113 Cost. con riferimento a tutti ai parametri di legittimità di fonte costituzionale, dei quali in ricorso si deduce la violazione.

Le ragioni di non manifesta infondatezza della questione sono esposte con separata ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale.

Sussistono pertanto le condizioni per pronunciare, allo stato, sentenza non definitiva, ex art. 326, comma 2 del codice del processo amministrativo, di reiezione delle eccezioni sollevate dalla parte resistente.

La decisione sulle spese è riservate all’esito della sentenza definitiva.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo (Sezione Prima), non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, respinge le eccezioni sollevate dal Ministero dell’Interno.

Spese al definitivo.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in L’Aquila nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2018 con l’intervento dei magistrati:

Antonio Amicuzzi, Presidente

Paola Anna Gemma Di Cesare, Consigliere

Maria Colagrande, Primo Referendario, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Maria Colagrande Antonio Amicuzzi

IL SEGRETARIO

 

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